Nel settore privato le imprese studiano costantemente soluzioni economiche riguardanti le collaborazioni con i lavoratori al fine di ridurre al massimo i costi per restare competitivi sul mercato.
Nel settore commerciale trova sempre maggior diffusione il contratto di associazione in partecipazione sul quale ritengo opportuna un’analisi aggiornata evidenziandone i rischi.
Ai sensi dell’art. 2549 c.c. con il contratto di associazione in partecipazione l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.
I diritti dell’associante e dell’associato sono previsti dall’art. 2552 c.c. che così recita: “ La gestione dell’impresa o dell’affare spetta all’associante.
Il contratto può determinare quale controllo possa esercitare l’associato sull’impresa o sullo svolgimento dell’affare per cui l’associazione è stata contratta.
In ogni caso l’associato ha diritto al rendiconto dell’affare compiuto, o a quello annuale della gestione se questa si protrae per più di un anno”.
Salvo patto contrario in materia di partecipazione agli utili e alle perdite, le disposizioni sul contratto in parola, si applicano anche al contratto di cointeressenza agli utili di un’impresa senza partecipazione alle perdite, nonché al contratto con il quale un contraente attribuisce la partecipazione agli utili ed alle perdite della sua impresa, senza il corrispettivo di un determinato apporto.
Andrà detto che i soggetti dell’associazione in partecipazione sono obbligatoriamente di norma iscritti ai fini assicurativi all’Inps ed all’Inail.
Interessante si presenta l’esame della giurisprudenza della Cassazione sulla controversia in materia centrata sulla qualificazione giuridica del rapporto e nella tradizionale distinzione fra lavoro autonomo (art. 2222 c.c.) e lavoro subordinato (art. 2094 c.c.).
La classica controversia di lavoro è quella attivata, di norma dopo cessato il rapporto, dall’ex associato che in questi casi, sostiene la tesi in base alla quale detto contratto era simulato ed in realtà nascondeva un rapporto di dipendenza con relative richieste di applicazione del CCNL della categoria e relative conseguenze contributive e fiscali.
Altra fonte di rischio per l’associante-ditta può sorgere da una contestazione in sede ispettiva da parte degli organi di vigilanza con contestazioni in tema di versamento dei contributi (lavoro grigio) andavano versati i contributi e i premi agli Istituti con le norme comuni.
Questi verbali riportano gli importi rilevanti a carico del datore in relazione anche al periodo di durata del contratto.
In tema di distinzione fra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell’impresa, andrà ricordato che l’elemento differenziale fra le due fattispecie risiede nel contesto dell’accordo tra le parti.
È rilevante valutare l’apporto della prestazione lavorativa da parte dell’ associato e l’espletamento di analoga prestazione lavorativa da parte di un lavoratore subordinato.
Tale accertamento implica necessariamente una valutazione complessiva e comparativa dell’assetto negoziale, quale voluto dalle parti e quale in concreto posto in essere e la possibilità che l’apporto della prestazione lavorativa dell’associato abbia connotazioni in tutto analoghe a quelle dell’espletamento di una prestazione lavorativa in regime di lavoro subordinato.
In questo caso il fulcro dell’indagine si sposta sulla verifica dell’autenticità del rapporto di associazione.
Ove la prestazione lavorativa sia inserita stabilmente nel contesto dell’organizzazione aziendale, senza partecipazione al rischio d’impresa e senza ingerenza nella gestione dell’impresa stessa, si ricade nel rapporto di lavoro subordinato.
E’ rilevante ai fini della qualificazione del contratto l’indagine sulla verifica del rendiconto annuale che l’associato deve consegnare all’associante.
Questo documento indica i dati contabili relativi al contratto e poi transita attraverso le denunce fiscali di entrambi le parti. (Vedi anche Cass. Civ. sez lavoro 04/04/2007 n. 8465)
Per distinguere il rapporto di lavoro dell’associato in partecipazione dal rapporto di lavoro del lavoratore subordinato, è importante l’esistenza di un diretto coinvolgimento nel rischio dell’attività economica d’impresa e solo una minuziosa indagine sul merito può qualificare correttamente un contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato. (Cass. civ. sez. III Sent. 18.04.2007 n. 9264).
Nell’associazione in partecipazione l’associato non può stabilire perdite superiori al suo apporto.
Dalla lettura coordinata degli articoli 2553 e 2554 c.c si ricava l’inderogabilità di questa regola e l’incompatibilità di una clausola di contratto tenore con il modello negoziale dell’associazione in partecipazione (Cass. civ. Sez. II, 17.07.2007 n. 15920).
E’ rilevante come detto che all’associato sia consegnato il rendiconto annuale della gestione aziendale.
Il reddito conseguito dall’associato nel contesto di un rapporto di associazione in partecipazione è riconducibile alla categoria dei redditi di capitale- laddove l’apporto sia costituito da denaro-ovvero a quella di lavoro autonomo qualora l’apporto sia costituito da lavoro.